Negli ultimi cent’anni, la cucina italiana ha subìto un processo di evoluzione continua che la ha lentamente spostata dalla tradizione dei focolai casalinghi spingendola verso piatti moderni e ricercati.

Dal 1910 agli anni ’50

All’inizio del Novecento, in cucina si cercava di creare piatti nutrienti con le poche risorse a disposizione e non si sprecava nulla. In questi anni diventarono famosi i primi libri di cucina che mettevano in mostra ricette come la torta Margherita e la zuppa alla spagnola.

Negli anni ’20, la cucina internazionale inizia a farsi strada nella nostra penisola: arrivano da oltreoceano super attrezzati set da picnic e alimenti come i muffin, l’insalata russa e il vitel tonné si piazzano in cima alla classifica dei piatti più mangiati dell’epoca.

L’avvento del futurismo segna il periodo che va dal 1930 al 1940. Gli artisti aderenti al movimento tentarono di boicottare la pasta e il loro gusto estetico fu utilizzato per promuovere numerosi prodotti, più famoso tra questi il Campari. Da uno dei principali esponenti del futurismo, D’Annunzio, nasce anche il termine “tramezzino”, cibo che stava spopolando all’epoca unito ai dolci francesi e il canapé. L’arrivo della Prima Guerra Mondiale arrestò la ricerca culinaria e riportò le famiglie italiane ad accontentarsi di ciò che il loro territorio poteva offrire.

Negli anni ’40, le patate diventano protagoniste e sono presenti in tutti i pasti degli italiani finendo anche nella finta maionese, salsa creata unendo una patata lessata a un rosso d’uovo.

La fine della guerra porta alla rinascita dell’amore per il cibo. Nei ristoranti ritornano polpette, frittate di cipolle, pasta al forno e sughi di carne. I menù dell’epoca sono quelli che più si avvicinano alla cucina italiana che al giorno d’oggi si trova in Nord America e all’estero poiché esportata proprio in quegli anni dai tanti emigrati nel dopoguerra.

Dal 1960 ad oggi

L’evoluzione tecnologica prende piede nelle cucine italiane con migliaia di elettrodomestici e strumenti pensati per facilitare la vita delle cuoche. Nei ristoranti dilaga l’aperitivo unito ad antipasti e buffet nei quali si ricerca un forte impatto visivo. I supermercati sono sempre ben forniti di prodotti di ogni tipo e la carne, soprattutto il pollo, inizia a venire prodotta in modo intensivo e industriale.

Gli anni ’70 non portano molti cambiamenti ma preparano la popolazione al decennio successivo, momento in cui il junk food dei ristoranti americani arriva nel Bel Paese facendo impazzire i giovani. In questi anni si scopre anche il cibo orientale: arrivano così nelle case italiane gli involtini primavera e il risotto alla cantonese. Biscotti e merendine confezionate diventano il cibo preferito per la colazione.

Dal 1990 al 2000, la gente si stanca del junk food e inizia ad apprezzare una dieta più variegata, raffinata e leggere espressa anche da movimenti culturali come Slow Food e cibi a chilometri zero. L’arrivo di una forte ondata di immigrazione porta in Italia le cucine mediorientali, messicane e europee che lentamente si mescolano a quella nostrana, arrivando a creare nel decennio successivo anche esperimenti e mix interessanti e audaci.

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